04/12/08

Butoh: la danza dell'anima




Dal dialogo intimo tra il movimento delle mani e quello dei piedi, tra
calma e violenza, tra Apollo e Dioniso, nasce la danza Butoh. Non è
una tecnica, ma una relazione profonda tra il corpo e la natura come
si evince anche dal significato etimologico del termine che è
costituito dai due ideogrammi: 'bu', ossia danzare o muoversi
elegantemente, con riferimento soprattutto alla parte superiore del
corpo, e 'toh', vale a dire calpestare. Il Butoh nasce in Giappone
dopo Hiroshima, dopo un'esperienza collettiva di distruzione e morte,
in una cultura codificata da secoli che sembra esplodere anch'essa,
insieme alla bomba. È un grido di ribellione contro quella cultura
troppo rigida e strutturata che l'ha generata, un grido che si
impregna di rivendicazioni e si confonde con i movimenti di protesta
giovanile, trovando un riconoscimento ufficiale solo nel 1985, con il
primo Festival Butoh di Tokyo.
Il suo pieno sviluppo risale agli anni Sessanta, quando gli Stati
Uniti cercano di cambiare l'assetto sociale giapponese importando la
democrazia, una nuova costituzione e nuove leggi, ma anche un modello
di vita basato sul consumismo e sulla materialità, in un contesto
urbano. La nuova danza d'avanguardia manifesta proprio questa profonda
crisi d'identità nazionale, ponendosi contro la rigidità imposta dal
teatro No, la 'modern dance' nordamericana e i tabù imposti dalla
cultura giapponese.
È un rifiuto della cultura borghese dominante e delle tecniche
esistenti che riducono il
corpo a strumento espressivo, ma è anche l'affermarsi di una nuova
filosofia del corpo che cerca la terra e il contatto con il suolo e,
per la prima volta riflette, attraverso la danza, un aspetto oscuro
dell'esistenza. I temi portati in scena hanno l'obiettivo di
provocare, di scuotere gli animi del pubblico e di fargli aprire gli
occhi di fronte alla vera essenza dell'essere umano: il desiderio
sessuale e l'erotismo, la violenza e la morte, sempre inseriti in
un'atmosfera surreale, quasi allucinatoria. Assistere a uno
spettacolo di Butoh significa esporsi a un'esperienza molto
particolare, è come squarciare il velo della realtà quotidiana,
ordinaria, per guardarci dentro. Il corpo diventa il 'tempio
dell'anima', in quanto spazio fisico grazie al quale l'uomo fa ancora
parte della vita e della natura, ribellandosi a qualsiasi forma di
globalizzazione e omogeneizzazione della cultura.
Corpi seminudi dipinti di bianco che compiono movimenti lenti
caratterizzati da gesti minimali, essenziali.
Tipici sono la retroversione degli occhi, la bocca spalancata, le
gambe piegate e i movimenti a terra. Lo studioso Alexander Lowen ha
scritto: "Un uomo può credere di possedere la sua mente ma non
possiede mai del tutto il suo corpo. Nel corpo ci sono processi che la
mente non riesce mai a comprendere o a controllare: il battito del
cuore, l'insorgere di una sensazione, il bisogno di amore. E siccome
la mente non riesce a controllare completamente il corpo, lo teme,
perché appartiene alle forze sconosciute della natura".
D i v e r s a m e n t e dalla danza tradizionale, che è un mezzo per
comunicare qualcosa di già stabilito, nel Butoh la danza si trova
all'interno del corpo. Nel movimento, i danzatori non cercano forme
precise ma una libera espressione del corpo. Il Butoh è tensione,
dilatazione del tempo e dell'azione, gesti lenti e pesanti,
scomposti e disarmonici, plastici e geometrici, un continuo divenire
di sensazioni che non possono avere codici di riferimento definiti. La
danza è ricerca di sé, svela l'inconscio attraverso la libera
circolazione dell'energia e l'esplorazione dello spazio circostante. I
padri fondatori furono Kazuo Ono e Tatsumi Hijikata, dal quale deriva
il nome Ankoku Buto (danza delle tenebre), in quanto solo inoltrandosi
nelle tenebrose profondità del corpo il danzatore può tirar fuori la
massima espressione delle energie
vitali. Hijikata è morto in Giappone nel 1986, mentre Ono - ora
ultranovantenne - ancora danza ed è considerato uno dei più grandi
artisti viventi. Hanno avuto molti allievi, giapponesi e non, che si
sono sparpagliati nel mondo. Raramente sono venuti in Italia, anche se
artisti come Ko Murobushi, Min Tanaka e Carlotta Ikeda sono ben
conosciuti in Europa dove la danza Butoh si è diffusa negli anni
Ottanta, grazie soprattutto alle sue affinità con la ricerca teatrale.
Non avendo mai assunto una forma definita, non esiste alcuna scuola di
Butoh ma esistono danzatori diversi per stile o per approccio allo
spazio scenico, che possono mostrare immagini degradate e grottesche,
oppure di grande bellezza e dolcezza. Sempre più numerosi i danzatori
che hanno avuto in questi anni esperienze di lavoro comune o di studio
con praticanti di Butoh, a dimostrazione che non sono più soltanto i
giapponesi a praticarla e che la sua influenza sulla danza moderna -
di cui è parte, a pieno titolo - ha prodotto e continua a produrre
effetti molto interessanti.
Da anni presente nei più importanti festival internazionali di danza
e, dopo aver stabilito solide basi in Paesi come Francia, Germania e
Stati Uniti, grazie alla sua vocazione al nomadismo, è arrivato anche
in Russia, Messico, Brasile, Corea, Svezia e Bulgaria. Dopo le fugaci
apparizioni del passato, sta prendendo sempre più spesso la strada
dell'Italia. Da segnalare che nel 2001, Kazuo Ono ha donato, al
Dipartimento di Musica e Spettacolo dell'Università di Bologna, una
copia del suo archivio, frutto di una personale selezione dai
moltissimi materiali raccolti sul lavoro di questo straordinario
artista dagli anni '40 a oggi. Si tratta della prima convenzione al
mondo, per la concessione di questo prezioso materiale.

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